Valle di Viù

Valle di Viù - Profilo

Valle di Viù

La Valle di Viù è la più meridionale delle tre Valli di Lanzo. Scavata dall'omonimo ramo del fiume Stura di Lanzo, è disposta prevalentemente in direzione Est-Ovest nell'alta valle, piegando leggermente verso Nord nel fondovalle. Nell'alta valle vi sono un piccolo lago artificiale, il Lago di Malciaussia a 1805 m s.l.m. e uno più grande a Nord Ovest, il Lago della Rossa, posto ai piedi del monte Croce Rossa. La diga del lago della Rossa, situata ad un'altitudine di 2718 m s.l.m. rappresenta lo sbarramento idrico a quota più elevata d'Europa. Il Rocciamelone 3.538 m , riconoscibile già a partire dalla bassa valle per l'evidente forma piramidale, chiude la valle in fondo ad Ovest mentre il massiccio roccioso trapezoidale della Torre d'Ovarda fa da confine con la Val d'Ala a Nord. Il massiccio -meno imponente della Torre d'Ovarda- che culmina nella Punta Lunella rappresenta invece lo spartiacque sud, quello con la Val di Susa. Dal paese di Usseglio risulta ben visibile la gigantesca sagoma del monte Lera, che chiude momentaneamente la visuale verso l'estremità della valle e il Rocciamelone.

LEMIE

Oltrepassato Viù, proseguendo lungo la strada provinciale s’incontra un ampio vallone ricco di vegetazione nel quale, in corrispondenza dello sbocco della valle della Torre d’Ovarda, è situato Lemie (m. 960).
Le ipotesi formulate sull’origine del toponimo sono di natura diversa: secondo alcuni studiosi lo fanno derivare dal latino lamiae inteso come luogo delle fate, delle streghe, oppure altri da limina, limite o luogo posto ai confini, forse della XI Regione Transpadana di Augusto. Si racconta anche che, l’antico villaggio di Lemie fosse situato in una zona di campi chiamati casali e che venne distrutto da un’alluvione nel corso del secolo XV.
Soggetto, intorno all’anno mille, al Vescovo di Torino, passò in feudo ai Visconti di Baratonia, come anche Forno di Lemie ed altri paesi della Valle. Successivamente si alternarono nella giurisdizione feudale i Giusti di Susa, i Provana di Leinì ed altre famiglie feudali, tra cui gli Arcour, che nel secolo XV ottennero la concessione delle miniere di Lemie ed Usseglio. L’avvocato Giacomo Ottavio Gastaldo, l’ultimo feudatario, morì nel 1741 senza discendenti ed il feudo passò al demanio. Già nel secolo XIV s’iniziò a sfruttare le numerose miniere di ferro e di rame della zona e per questo motivo, secondo alcuni studiosi, alcune famiglie valsesiane e bergamasche si trasferirono a Forno di Lemie, dove era collocato un forno per la fusione dei minerali ferrosi. Questa località, rimase comune autonomo fino al 1810.

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RUBIANA

Rubiana è stata frequentata in epoca romana come luogo di transito commerciale. Ma il nome di Rubiana è citato per la prima volta in epoca medievale nell’elenco dei beni patrimoniali attribuiti all’Abbazia di San Giusto di Susa, fondata nel 1029 da parte del marchese Olderico Manfredi e di Alarico, vescovo di Asti. Nel 1414 Rubiana dipenderà dal potere dei monaci di Susa fino alla soppressione dell’Abbazia, avvenuta nel 1786.
La storia del paese procede senza episodi degni di nota fino alla seconda guerra mondiale, quando quella zona si distingue per la lotta antifascista: 33 partigiani cadono in uno scontro a fuoco. Presso il Colle del Lys è stato costruito un monumento alla memoria ed un centro di documentazione storica sulla Resistenza, punto di riferimento per tutta la zona occidentale di Torino.
Al pittore Francesco Tabusso (1930-2012) è stata conferita la cittadinanza onoraria perchè Rubiana è sempre stata per lui il suo rifugio prediletto, il luogo ideale per coltivare i suoi interessi naturalistici, tutti elementi che hanno accompagnato la sua pittura.
A seguito degli eventi bellici, la sua famiglia si trasferisce a Rubiana, nella villa acquistata dal nonno, dove si trova tra l’altro coinvolta in episodi di lotta partigiana.
Qui inizia prima a disegnare e poi a dipingere sviluppando quel suo stile personalissimo ispirandosi al paesaggio di Rubiana, alla sua gente, alla sua natura.
Lascia alla cittadinanza gli affreschi del Pilone di San Giovanni e dell’intero abside del Santuario delle Madonna della Bassa. Ma soprattutto è ideatore, coinvolgendo altri nove autorevoli artisti, di “Fiabe e Boschi”, un itinerario artistico all’aperto, un progetto culturale per avvicinare i ragazzi alla conoscenza ed all’esercizio delle arti grafiche, al fine di far conoscere ed apprezzare la pittura in una sorta di Pinacoteca, diffusa sul territorio, in cui ritrovare visioni e sensazioni straordinarie del nostro paese. VAI ALLA PAGINA

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USSEGLIO

Salendo, dopo Lemie, si raggiunge Usseglio (m. 1265), ultimo comune della Valle di Viù. Adagiato in un’ampia conca verdeggiante solcata dalla Stura e circondata da imponenti rilievi montuosi.
Usseglio, anticamente chiamato Uscelli, viene citato in documenti medievali come Uxeillo o Uxellis, termine di origine celtica, nel significato di monte alto. Un’altra ipotesi identifica Usseglio con Ocelum, località indicata dagli storici romani come località di confine con la Gallia Cisalpina. Testimonianza della presenza romana sono i diversi reperti rinvenuti nella zona e la collocazione in posizione strategica dell’agglomerato lungo strada che, attraverso i passi alpini dell’Autaret e dell’Arnas, consentiva di raggiungere le Gallia. Nel secolo XII questo territorio fece parte dei domini del vescovo di Torino, che nel 1168 lo concesse in enfiteusi all’abbazia di San Giacomo di Stura. Nel 1266 il feudo passò ai Visconti di Baratonia. La storia di Usseglio seguì le sorti della Castellania di Lanzo e vide l’alternarsi della giurisdizione di una serie di famiglie quali i Provana, gli Arcour e i Gastaldo. All’inizio del secolo XX divenne un’importante centro di villeggiatura della nobiltà torinese. Figura di rilievo è quella del conte Luigi Cibrario (1802-1870) che venne nominato Senatore del Regno d’Italia nel 1848 e che ricoprì elevate cariche pubbliche. VAI ALLA PAGINA

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VIÙ

L’origine del nome Viù è da far risalire al latino vicus, da tradursi come villaggio, secondo alcuni studiosi, oppure come via o passaggio, secondo altri. Il territorio di Viù è stato abitato sin dall’età preistorica, come attestano sia i reperti neolitici sia le incisioni rupestri ritrovati nel territorio. Anche la presenza romana ha lasciato testimonianze, come le monete romane rinvenute sul sito dove sorgeva l’antico castello nella frazione Versino. Nel 1159 il feudo di Viù passò ai Visconti di Baratonia. Dalla prima metà del secolo XIV le vicende storiche di Viù s’intrecciano con quelle di Casa Savoia: nel 1313 il territorio venne assegnato agli Acaja, successivamente, nel 1345, ad Amedeo VII, il Conte Rosso. Tra il 1333 e il 1335 i tre quarti del feudo passarono alla famiglia Giusti di Susa, poi nel 1350 vennero ceduti ai Provana di Carignano e Leinì. Nel 1465 la quarta parte venne ereditata dagli Arcourt. Solo nel 1633 il feudo venne unificato sotto la guida di Ottavio Provana, nominato primo conte di Viù dal duca Vittorio Amedeo I. Tra il 1799 e il 1815, durante la Restaurazione, nella frazione Maddalene venne collocato un avamposto delle truppe austro – russe, che avevano occupato Lanzo. Dopo il ritorno dei Savoia, Viù iniziò ad essere frequentato dalla nobiltà torinese e ne divenne sede di villeggiatura. VAI ALLA PAGINA

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