È difficile in così poche righe parlare dell’alpinismo nelle Valli di Lanzo. Si potrebbe iniziare a dire che l’esplorazione di queste montagne è coincisa con la storia dell’alpinismo torinese e con l’affermazione di un neonato Club Alpino Italiano, nel 1863. Si potrebbe raccontare di guide leggendarie come Antonio Castagneri dei Touni di Balme, di Giuseppe Cibrario Rocchietti Vulpot e di Pietro Re Fiorentin di Usseglio, oppure di Michele Ricchiardi di Groscavallo. La loro carriera scandisce le tappe più importanti dell’epoca doro dell’alpinismo delle Alpi Graie Meridionali. Ancora, nel dopoguerra, si potrebbero poi citare Giuseppe Dionisi, i fratelli Rosenkrantz, fuoriclasse come Franco Ribetti, Andrea Mellano, Ugo Manera. Così, negli anni ’60, ’70 e ‘80, parlare di Gian Piero Motti e di Gian Carlo Grassi, visionari innovatori di idee e di tecniche, sperimentatori capaci d’inventarsi linee ardite sulla roccia e sul ghiaccio, imprimendo per sempre un sigillo epico sulle montagne delle Valli di Lanzo. Oggi, la poderosa testata terminale delle Valli di Lanzo che va dal Rocciamelone alla Levanna Orientale sembra aver svelato ogni suo mistero, anche se pochi alpinisti locali continuano a dimostrare che è possibile inventare nuove avventure e prime salite. La storia ha consegnato all’alpinista appassionato un terreno di gioco unico, lontano dalla confusione e dalla frequentazione di massa dei massicci alpini più celebri. Un alpinismo classico fatto di itinerari di soddisfazione in una cornice ambientale tra le più belle delle Alpi. Ascensioni come lo Spigolo Murari, la parete Nord della Ciamarella o la Cima Centrale d’Ovarda, faranno rivivere la dimensione che conobbero i pionieri, mentre, lo scalatore più esigente e amante dell’isolamento, troverà nel gruppo Gura-Martellot un concentrato di difficoltà e di avventura che in questa porzione delle Alpi non ha eguali. Gli appassionati delle scalate invernali e dell’ice climbing non mancheranno di visitare il difficile anfiteatro del vallone dell’Arnas, della Naressa al Pian della Mussa e le difficili goulotte della Val Grande di Lanzo. Le “vie normali” del Rocciamelone, della Croce Rossa, della Bessanese, della Ciamarella, della Levanna orientale, rappresentano per l’alpinista il percorso più facile per avvicinarsi alle “grandi montagne” delle Valli di Lanzo e per godere dell’ospitalità dei rifugi in quota, cogliendo magari l’occasione di farsi accompagnare in tutta sicurezza da una guida alpina.
Testo di Marco Blatto ©